Spermatozollo, viaggio sonico nella nuova musica italiana
La figura professionale di Carlo Zollo è ormai ben radicata nel'immaginario urban; grazie alle prime collaborazioni culto avute con il collettivo romano Lovegang / CXXVI e con il cantautore Generic Animal. Ma prima ancora è stato sui palchi italiani – e in studio di registrazione - come ingegnere del suono per i Calibro 35.
Negli anni ha accumulato esperienze nel suo bagaglio tecnico e culturale, tanto da portarlo a conoscere successivamente i nuovi esponenti della scena rap e trap. Zollo è chitarrista, produttore e ingegnere del suono: tutte abilità che gli sono state riconosciute in poco tempo da colleghi e addetti ai lavori.
Il
14 maggio 2021 è uscito Spermatozollo:
il primo disco solista nelle vesti di compositore.Ma in data 24 aprile 2020 era stato estratto Splash feat. Ketama126: primo singolo ad anticipare il disco; rilasciato in anteprima di sei ore tramite il videogame Animal Crossing - di cui sono entrambi appassionati.
E a proposito di videogames: il disco è accompagnato da una veste grafica dell'artista Silvia Governa, realizzata interamente con la tecnica della pixel art. Ogni brano è raccontato graficamente da un'animazione; visibile anche via canva su Spotify.
L'album, in
quantità super limitata, è disponibile in due versioni sul sito diConspiracy Agency:
la
versione deluxe conta di dieci cartoline su cartoncino 250
gr, vinile 140 gr, ricamo verde fluo fatto a mano su busta PVC, limitata a
20 pezzi numerati; la
seconda versione presenta sempre dieci cartoline, vinile
marmorizzato viola opaco 140 gr, limitata a 80 pezzi numerati.
Nel cast all-star troviamo tutti nomi di spicco: dalla parte urban hanno partecipato al progetto Ketama126, Pretty Solero, Garage Gang,
Aegeminus, Tommy Toxxic, Joe Scacchi, NIKENINJA, Tauro Boys, a questi
si sono aggiunte le giovani promesse come Lil Jolie e xenboi; dall'altro
lato si sono buttati nella mischia i Calibro 35 e The Winstons per la sezione
psych-rock del disco.
Ognuno ha contribuito personalmente al suono di questa collana discografica, come Zollo stesso ha definito sui suoi canali ufficiali.
Spermatozollo
non è soltanto la promessa che il producer fa alla musica italiana:
ma si impone come un personale manifesto sulla ricerca sonora – in
atto sin dalle prime produzioni. Zollo è pronto a fecondare scenari,
generi, e universi musicali ibridi con una visione artistica in continua
evoluzione.
Quando hai cominciato a pensare e a lavorare al progetto da compositore?
Da sempre desideravo uscire con delle mie produzioni da solista. Successivamente mi sono accorto che quelle basi erano adatte per amici e colleghi. Da questa sinergia era più facile far germogliare qualcosa di unico. Questo ha contraddistinto – e con una disinvoltura tale - tutto il lavoro di scrittura musicale. Nel giro di un anno ho tenuto da parte tutto quel materiale che mi rappresentava artisticamente; e che non sarebbe mai finito nei dischi degli artisti che conosco – e che giustamente avrebbero percepito come musica estranea alla loro cifra stilistica. Tutto il materiale mi è piaciuto sin da subito, tanto da farmi dire “ok, ora voglio pubblicarlo per intero!”. Restava da sciogliere solamente il nodo riguardo i tempi di pubblicazione.
Essendo un ascoltatore onnivoro non potevo che scrivere delle tracce differenti tra di loro. Ma il compito più difficile era creare un mood che raccontasse il concept sonoro.
Allora ho ragionato sul modello delle collane discografiche di musica library, proprio come si faceva negli anni Sessanta: in una settimana capitava che rilasciassero la sezione “crime story”, in quella successiva un altro tema ancora e così via. Tutti materiali che potevano acquistare appassionati e addetti ai lavori. La cartella l'avevo inizialmente intitolata appunto “collana discografica”: perché potevo lavorarci in corso d'opera e fare uscire un brano ogni settimana.
Questo è stato il processo creativo dietro a Spermatozollo.
Spermatozollo è attraversato dai generi più disparati e ibridi.
Mi vengono in mente le ultime sperimentazioni nella trap più oscura, passando alle produzioni soniche della scuderia Brainfeeder di Flying Lotus – editore di Thundercat ecc. Cosa ascoltavi durante le registrazioni?
Sono tutte cose che ho ascoltato da fan fino a consumarle.
Grazie ai viaggi fatti con i Calibro 35 ho incontrato da vicino i grandi musicisti internazionali che hai citato. Vedere accostato il mio nome con il loro mi fa sentire parecchio in soggezione (ride). Perciò grazie mille se ti sono arrivati questi input.Se ci pensi, però, una parte di quei nomi sono della mia stessa generazione. Secondo me l'associazione è stata inevitabile, perché ho voluto rappresentare qualcosa che ho vissuto in prima persona. Le mie ricerche sono frutto di interminabili full immersion sonore. Non saprei dirti se vale come un pregio o un difetto. Prima di scrivere una produzione mi capita di pescare da questi mondi musicali.
La sinergia con
ogni artista è davvero palpabile. Che tipo dialogo c'è stato?
Hai un momento da
raccontare? Che sia un episodio di forte contatto tra te e l'artista.
Con
diversi artisti ho un feeling fortissimo, insieme realizziamo
tanta musica che ci soddisfi in qualche maniera al di là del
successo streaming. Questo accade abitualmente con Ketama126: ci siamo conosciuti lavorando in tour del suo periodo di piena ascesa artistica (vedi Rehab, nda).
Io e Ketama siamo simili per diversi motivi.
Stay tuned per big news!
C'è una traccia che consideri in qualche maniera il manifesto dell'album?
La tua è una domanda molto difficile (ride).
Mi è difficile sceglierne una che sia rappresentativa; ognuna racconta una storia specifica.Quella che mi emoziona a ogni play è The endless flow feat. The Winstons: scritta e realizzata per ultima. Non è stato facile intrecciare le presenze di tutti quanti e in vista delle lunghe notti di session che avremmo affrontato. È un brano nato da una improvvisazione scherzosa, mi fomenta a ogni ascolto! Se guardi il numero di play delle varie piattaforme di streaming è la meno ascoltata.
Trovo di cattivo gusto quando altri artisti ostentano i numeri che generano i loro pezzi. Soffro molto questa competizione che c'è in Italia; pare che sia l'unico obiettivo da raggiungere per chi fa musica. The endless flow rimane quel genere di musica che voglio condividere sempre con una nicchia di amici appassionati. Un'esperienza irripetibile.
Cos'è che ti stupisce, e che rende produttivo a tutti gli effetti, questo contatto con altri mondi musicali?
La sfida più grande rimane quella di entrare in empatia con l'artista, e capire perché sta lavorando a quel brano e in quale punto della sua vita si trova – tanto da cantare quel testo e quel vissuto.
Negli anni ho accumulato esperienze che adesso mi permettono di cogliere sfumature e di lavorare al meglio, attento e consapevole di tutti gli imprevisti del caso. Mi piace dare consigli tecnici e in amicizia. L'artista con me – così come in generale - deve lavorare con tutta la serenità di questo mondo. Un bravo musicista comunica con chiunque: prima di tutto deve evitare di farlo sentire in imbarazzo su un palcoscenico e davanti al microfono. Tutto questo viene spiegato nella psicologia della recording session. Capita infatti che l'artista ti dica: “oggi non mi sento bene con la voce”, perché deve sbloccarsi in qualche modo prima di cantare i suoi pezzi. Può succedere all'artista emergente, ma anche al più esperto di tutti.
Quello
che racconta deve risultare credibile, talmente autentico che basta
un attimo ad arrivare al collaboratore presente in studio. Penso
sempre al lavoro svolto con Generic Animal: insieme abbiamo
realizzato un disco di rottura come Emoranger.
Prima di allora aveva pubblicato l'album d'esordio con i testi di
Jacopo Lietti (dei FBYC, nda).
Questo per dirti che qualsiasi artista
sente il bisogno di inseguire una sua scrittura; e qui non voglio
farne una questione meriti o meno, ma Generic Animal aveva tantissimo
da dire come cantautore. Oggi non ha bisogno di nessun collaboratore,
lo trovo semplicemente grandioso! Sta affrontando un percorso
professionale ormai in ascesa e cristallino, un vero talento del
cantautorato.
Ho seguito anche Calcutta come tecnico per il tour di
Mainstream; era reduce dalla situazione di concerti nei club con un
numero nemmeno paragonabile a quelli che macina oggi nei palazzetti.
A Calcutta ho insegnato qualche tecnica di rilassamento da praticare
sul palcoscenico - prima di suonare davanti a migliaia di persone!
Un
metodo efficace è quello di prendere confidenza con tutti gli spazi del
palco.
Sì, esattamente. Lavorando al teatro Angelo Mai di Roma ho fatto tesoro di parecchi insegnamenti.
Da questo disco si evince la voglia di convergere più mondi musicali.
In certi ambienti, dove musica e generi sono al secondo posto, non mancano mai le polemiche sterili che li vede spesso in competizione tra di loro.
Credi quindi che sia possibile avvicinare gli ascoltatori della musica urban e del rock in Italia?
Esistono artisti che provengono da altri contesti, ma che in realtà sono più simili di quanto immagini. Vedo artisti urban e rock interrogarsi, e con una certa curiosità, su come lavori l'altro collega.
Per esempio: un musicista incredibile come Roberto Dell'Era (Afterhours, The Winstons) ti colpisce per il suo istinto micidiale in materia di sperimentazioni. Un altro che mi sorprende è Ketama126.
Si impegnano tutti giorni, studiano tanto, e si sforzano a cercare nuove soluzioni. Non importa se uno studia di meno oppure sì, quando conta l'attitudine alla vita e all'arte.
L'unica cosa che separa artisti come Ketama126 e Roberto Dell'Era è
la tecnologia con cui si realizza musica: prima si affittava un
costoso studio di registrazione, oggi basta un semplice laptop per
registrare nell'appartemento in cui vivi con gli amici. Urban
e rock sembrano mondi in conflitto a chi è fuori, quando la sana
curiosità è reciproca tra gli addetti ai lavori. Non c'è mai il
pregiudizio o diffidenza da parte dell'uno e dell'altro.
L'ascoltatore parte molte
volte pieno di dubbi e sospettoso. L'ho sperimentato con Emoranger,
quando con Generic Animal
dicevo: “mettiamocelo l'autotune! Sarà una cosa di rottura.” Ero
consapevole dei commenti che sarebbero arrivati sotto ai video, del
tipo “bella la musica, bravissimo Generic, ma qua c'è troppo
autotune inascoltabile. Peccato.” Invece di godersi la musica si soffermano su questioni che faticano a
comprendere.
Mi sento più sereno quando la mia musica arriva a un pubblico più preparato e appassionato, pronto alle novità e a ogni contaminazione. Mi spaventa quel pubblico occasionale, per questo evito le sponsorizzazioni che spingono quello che faccio grazie a un freddo algoritmo.
Per quanto tempo
hai portato avanti le registrazioni?
Si è svolto tutto nel mio piccolo studio-appartamento a Milano. A Caserta ho lavorato con Lil Jolie. Mentre a Roma ho chiuso il brano con Joe Scacchi. Con i Calibro 35 ti spiego come è andata: nel primo lockdown ognuno ha registrato a casa propria con il suo strumento. E Tommaso Colliva ha riunito i pezzi in fase di produzione. In quattro appuntamenti ho chiuso la traccia con i Tauro Boys - tra una biretta e una partita ai videogames. Ketama126 ha come routine mensile quella di salire e stare qualche giorno a Milano, e ha me come contatto di riferimento lavorativo: insieme abbiamo lavorato al primo singolo estratto del disco (Splash, nda).
La lavorazione è filata dritta dall'inizio alla fine, per non dire in maniera fluida: non ci sono state grosse decisioni, non ho programmato nulla. Da questo punto di vista mi sono sentito sempre libero.
Ma una volta chiuse le dieci tracce dovevo fissarmi una deadline per mix e mastering dell'album.
L'artwork è un continuo rimando al mondo arcade dei videogiochi 8-bit.
Come sei arrivato al risultato finale con Silvia Governa?
Nella testa avevo chiaramente quello che sarebbe stato il concept visivo del disco.
Ricordo che mi sono messo subito a buttar giù delle bozze – tutte
quante a matita - che provassero a raccontare la visione di
Spermatozollo. A ogni brano andava accompagnato uno storytelling
cinematografico. Dovevo soltanto contattare un tecnico capace di
lavorare con la pixel art. In rubrica avevo segnato il numero di un
bravissimo designer di Cosenza; ma che purtroppo non sarebbe stato
disponibile per almeno un anno – a causa di sue mille consegne cui
preparare.
Così sono entrato in contatto con un nome suggeritomi da
amici. Silvia Coverna è la ragazza che ha lavorato a tutto l'artwork
e alle grafiche dedicate a ogni singolo brano! Non aveva mai
realizzato opere in pixel art prima di questo progetto: ma il
risultato è stato strabiliante come puoi ben vedere! Silvia ha
capito immediatamente il mio immaginario visivo, ogni grafica, ogni
animazione è stata un tuffo al cuore. È riuscita a trasporre su
schermo quello che avevo esattamente in testa.
Una volta che ci siamo separati ho avuto il magone per tutto il tempo; ma sono sicuro che ci rivedremo presto! Intanto ci tenevo tanto a spedirle il vinile per ringraziarla.
Stai pensando di portare il disco dal vivo?
Non credo sia possibile organizzare un tour di Spermatozollo perché è costissimo.
Sono sicuro che i Calibro 35 avranno il piacere di suonare Data Crime con xenboi – che magari sarà nei paraggi proprio quel giorno! È più facile vedere me e Ketama126 suonare dal vivo Splash, brano perfetto per l'occasione concerti, oppure The Winstons suonare The endless flow davanti al loro pubblico. Ma qualora dovesse farsi avanti un'agenzia di booking proporrei un modesto dj set.
Cinque dischi che consiglieresti dopo l'ascolto di Spermatozollo.
Uà è difficile! (ride). Due me li spreco per origini e tradizione:
rispondo con i dischi omonimi di Pino Daniele (1979) e Napoli
Centrale (1975). Questo per mettere in chiaro da dove provengo. ?
di xxxtentacion per la parte trap.
Nel mucchio vedo bene anche Blonde
di Frank Ocean.
Per l'ultimo non saprei dove andare a parare... mi sembra eccessivo e sperimentale un disco dei Battles degli anni Zero. C'è qui la mia compagna che nel frattempo mi sta suggerendo cose (ride), anche se non ci sta prendendo affatto.
Ci sono! Il quinto è un disco di rottura: trattasi di Evil empire dei Rage against the machine, è esattamente quel sentimento antisistema puro che covavo negli anni della mia adolescenza.
Lo vedi? Mi piace mischiare riferimenti culturali diverissimi per infastidire; giusto per spezzare il mood tra un disco e un altro (ride).
Se Spermatozollo
fosse un giocatore del Benevento quale sarebbe?
Improta!
Perché è il giocatore jolly cui mi sono più affezionato del campionato.
È un nome che ha fatto la differenza seppur non partisse mai da
titolare, ma schierato nel corso della partita essendo calciatore
duttile e sempre a disposizione della squadra.
Improta
interpretava diversi ruoli a seconda dell'esigenza tattica che andava
colmata sul campo e in ogni situazione critica. Un elemento che
aiutava sempre la squadra a giocare bene e sfruttando tutte le proprie
potenzialità. Per quanto mi riguarda non entro mai in studio a
impartire ordini; ma cerco di mettermi al servizio dei miei
collaboratori e degli artisti per capire al meglio come lavorare in
stretta armonia. Improta era questo: arretrava in fase di difesa, o si spostava
in attacco nelle manovre offensive.
Spermatozollo lo puoi ascoltare
in qualsiasi contesto: puoi mettere sul piatto Koorogi per una
playlist techno da ballare con gli amici, altrimenti The
endless flow e/o Data
crime per ascoltare un
brano dalle tinte psichedeliche. Spermatozollo è un jolly da giocare
in ogni situazione.
Ah, ma quindi non sei Liberato come dicono in giro?
Mi spiace, ma non sono io Liberato (ride)!
La mia provenienza sannita mi aiutava a non essere più associato alla leggenda urbana Liberato; emersa quando il mistero su chi si celasse dietro l'artista partenopeo era sulla bocca di tutti.
Questa voce è cominciata a circolare quando registravo materiali tra urban, tarantella, e la tamurriata che è proprio tipica delle mie parti. Chi sia veramente Liberato? Non ne ho idea, perché non conosco la realtà napoletana che canta nelle sue canzoni; anche se dei riferimenti urban ci legano tanto. Come puoi immaginare: le mie produzioni andavano più o meno verso quella direzione sonora trap, r&b e ragamuffin. Alcuni colleghi che hanno ascoltato i miei primi provini dicevano “ma non puoi dire che non sei Liberato”.
È un periodo divertente della mia carriera che ricordo ancora con piacere (ride).
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