Tarek l'outsider






Come in ogni edizione del Festival di Sanremo che si rispetti, c'è sempre stato un cantante in gara fuori dagli schemi; perché lontano dal sentire comune dell'ascoltatore distratto (e sensibile alla melodia facile fatta e finita), ma soprattutto sconosciuto perché proviene da un ambiente musicale sotterraneo poco frequentato dalle antenne della stampa tradizionale (la stessa che ancora oggi annusa con diffidenza il rap e la trap).
Stavolta tocca al rapper Rancore ricoprirne il ruolo.


Ma prima di arrivare alla sua ultima partecipazione sanremese, è doveroso stendere prima un identikit utile e pratico per chi non si fosse mai imbattuto nel nome di Tarek Iurchich aka Rancore.

Il romano (del quartiere Tufello) muove i primi passi nell'ambito del Phat, tra le più autorevoli cornici del rap e del freestyle locale. Nel 2006 pubblica a soli 16 anni l'esordio discografico Segui me. Cinque anni dopo arriva il secondo disco, Elettrico (pubblicato dall'etichetta La grande onda di Piotta), che sancisce il grande sodalizio artistico con il produttore Dj Myke; da subito abile nella tecnica dello scratching e nel tessere sonorità che spaziano dall'hardcore alla dubstep.
L'anno successivo danno alle stampe Silenzio, sotto contratto con l'etichetta Doner Music di Big Fish.
La fama di Rancore comincia ad accrescere grazie alla partecipazione nel programma MTV Spit Gala (fine 2011), e nello stesso anno come ospite con Marracash e Dargen D'Amico nella traccia L'albatro; contenuta nel mixtape Roccia Music II.
Prosegue l'attività di Rancore in tandem con Dj Myke, che li vede affiatatissimi fino al 2015 e con l'ultima pubblicazione dell'EP
S.U.N.S.H.I.N.E.
Rancore non si fa mancare diversi duetti, sempre più presente in album di artisti come Mezzosangue, Murubutu, Claver Gold e Giancane.
Nel 2018, dopo sei anni dall'ultimo album in studio – senza contare l'ep summenzionato – torna con Musica per bambini (Hermetic/woodworm): di cui cura interamente la direzione artistica per la prima volta in assoluto. Il disco è la summa del “rap ermetico” (così definito da Rancore stesso) che affronta tematiche universali, come l'affermazione dell'individuo nella società iperconnessa di oggi, della passione che nutre per il mondo fantasy, e di come va oggi l'industria discografica italiana. Il disco abbonda della certosina scrittura di Rancore, qui veramente al suo apice per completezza, visione del concept e maturità.

Il rapper romano, forte della precedente esperienza sanremese avuta con Daniele Silvestri (in Argentovivo), decide di esibirsi solitario con il brano Eden. Rancore affida la produzione nelle mani dell'hitmaker più quotato del pop italiano Dardust: ancora una volta abile nel costruire sonorità cristalline e marchiate dal suo inconfondibile tocco al pianoforte.
Il testo procede per metafore e simbolismi; l'Eden (del titolo) è il luogo in cui avviene il mito della creazione cristiana: dove Adamo ed Eva decidono di staccare la mela dal ramo di un albero per poi mangiarla. Rancore parte dalla prima scelta della storia dell'umanità (“Stacca, mordi, spacca, separa / Amati, copriti, carica, spara”) raccontando dell'inevitabile possibilità di scelta che abbiamo e delle sue naturali conseguenze.
Da Adamo ed Eva arriva ai giorni nostri, soffermandosi sulle note mire militari degli Stati Uniti in Medio Oriente (“Tu vuoi nemici, sempre, se la strega è in Iraq / Biancaneve è con i sette nani e dorme in Siria”) e sull'attentato dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York – città conosciuta anche come La Grande Mela.
La penna di Rancore mette in fila alcuni dei grandi eventi dell'umanità, nei quali continua a viaggiare/rotolare la mela. Il frutto non si limita solamente a rappresentare la visione deterministica dell'autore, ma invita alla riflessione nel pieno dell'Antropocene; che vede il pianeta Terra sconvolto dal cambiamento climatico causato proprio dall'intervento umano (“E ora il pianeta Terra chiama destinazione”).

Lo dico senza girarci troppo intorno: Rancore è l'outsider di cui avevamo bisogno in quest'ultima edizione del festival, ma che sappiamo di non meritare affatto.
I piazzamenti in classifica sono lo specchio della poco comprensione che il pubblico ha nei confronti dell'artista, salvo poi vederlo approdare al decimo posto (accontentiamoci) nella classifica finale del festival. Ma Eden ha saputo ampiamente meritarsi un riconoscimento come quello Sergio Bardotti per il miglior testo: che premia e riconosce la complessità delle parole usate dall'artista.
Tra le pagine più apprezzate di questa edizione appena passata, posso tranquillamente inserire anche la travolgente cover rivisitata dallo stesso Rancore, assieme a Dardust (produzione e pianoforte) e La rappresentante di lista, del brano Luce – tramonti a nord est di Elisa.
Solo su Amazon è disponibile il 45 giri (edizione limitata numerata) con Eden e la cover proposta sul palco dell'Ariston.








Simone Tribuzio (Terracina, 1991) lavora dal 2015 come ufficio stampa per case editrici di fumetti.

Scrive per
Esquire Italia, minimaetmoralia, Rivista Studio, Altri animali, Ondarock.
E ha scritto per le riviste
Il Mucchio Selvaggio e Finzioni Magazine.
Dal 2020 è coordinatore della Classifica di Qualità Fumetto per L'indiscreto.

Post popolari in questo blog

La magia che infesta il Pozzo, intervista a Matteo Grilli

C'era una volta Pinocchio di Winshluss: in conversazione con Stefano Antonucci (w/ Comicon Edizioni)